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Violenza sessuale : attendibilità della testimonianza della vittima del reato

 

La Cassazione con la sentenza n. 9159/10 depositata l’08 marzo è tornata ancora sul tema della attendibilità della testimonianza della persona offesa dal reato, spesso unico testimone dei processi aventi ad oggetto il reato di violenza e/o molestia sessuale.

nel caso di specie l’imputato veniva condannato in primo grado per i reati di molestie, violenza sessuale, percosse, lesioni, ingiurie e minacce nei confronti dell’ex fidanzata. La Corte d’appello, in parziale riforma della sentenza del Tribunale dichiarava non doversi procedere in ordine al primo reato essendosi realizzata la prescrizione mentre confermava le condanne di cui agli altri capi d’imputazione. L’imputato proponeva così ricorso per Cassazione lamentando, in primis,la mancata assunzione da parte della Corte di merito di una prova decisiva la quale riguarderebbe non soltanto la frequentazione dell’imputato dopo il presunto episodio di violenza, ma, altresì, un viaggio compiuto con la ex-fidanzata successivamente ed un tatuaggio fatto dalla persona offesa recante il nome del compagno. In secondo luogo il ricorrente censurava la sentenza impugnata contestando l’attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa: i giudici di merito non avrebbero tenuto conto delle numerose contraddizioni nel comportamento della donna la quale intratteneva anche successivamente agli episodi di violenza una relazione con l’imputato. Quei comportamenti della vittima successivi alla violenza, sempre secondo la tesi del ricorrente, metterebbero in dubbio l’attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa. La Corte di Cassazione , nonostante le avanzate doglianze dell’imputato, rigettava il ricorso ritenendo la sentenza impugnata  correttamente motivata dal punto di vista argomentativo e quindi non censurabile in sede di legittimità. In riferimento al problema dell’attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa la Cassazione ammette che nulla osta all’utilizzo di tale fonte come prova purché vi sia, a monte, una valutazione rigorosa al fine di analizzarne “l’attendibilità intrinseca ed estrinseca”. Secondo la Suprema Corte, nel caso affrontato, i giudici di merito avevano correttamente effettuato l’indagine necessaria e non ostando ragioni contrarie per esprimere giudizi negativi sull’attendibilità delle dichiarazioni della donna. La Cassazione si era già espressa in passato su questo tema tra cui ricordiamo la sentenza n. 1636 del 1999 scaturita dalla denuncia di una giovane per violenza sessuale nei confronti del proprio istruttore di guida secondo la quale l’uomo, dopo esser passato a prenderla a casa per condurla alla lezioni di guida l’avrebbe invece condotta in un posto appartato dove sarebbe avvenuta la violenza sessuale. Secondo l’istruttore, invece, il rapporto era avvenuto in maniera consenziente. Orbene, la Suprema Corte, in quel caso, annullò, per vizio di motivazione, la sentenza della Corte d’appello poiché i giudici di merito avevano valutato la colpevolezza dell’imputato prendendo in considerazione le sole circostanze di fatto che valorizzavano le dichiarazioni della persona offesa, omettendo invece, di considerare  tutti gli elementi contrari ad esse. In realtà nel giudizio sull’attendibilità si sarebbe dovuto considerare non solo il comportamento della presunta vittima immediatamente dopo l’accaduto, la mancanza di segni di colluttazione o di diesa sul corpo della ragazza ma anche il fatto che la stessa indossasse dei jeans. Ed infatti, la Suprema Corte affermava: “Deve poi rilevarsi che è dato di comune esperienza che è quasi impossibile sfilare anche in parte i jeans di una persona senza la sua fattiva collaborazione, poiché trattasi di una operazione che è già assai difficoltosa per chi li indossa”. Merita un breve cenno anche la sentenza 19 maggio 2006 n. 22049 poiché, sempre nei confini dello stesso argomento, la Cassazione si è espressa in maniera del tutto contraria: nel caso in cui la vittima di una violenza carnale indossi dei jeans non può ritenersi inficiata l’attendibilità delle sue dichiarazioni “posto che la paura di ulteriori conseguenze potrebbe avere determinato la possibilità di sfilare i jeans più facilmente”. Quindi seppure  è vero che l’attendibilità della persona offesa deve essere analizzata in modo scrupoloso, essendo la parte offesa portatrice di un interesse contrario a quello dell’imputato,tuttavia, resta pur sempre un dato inequivocabile che le circostanze fattuali onde effettuare quella valutazione possono essere facilmente condotte sia contro che a favore della vittima con conseguente elasticità dei parametri di valutazione.

 

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