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I trucchi del lavoratore….

I trucchi del lavoratore….

Se è pur vero che moltissime volte il lavoratore è sottoposto a subire e veder violati i propri diritti da parte datoriale, cosa che ho potuto riscontrare personalmente affrontando cause a tutela dei lavorati, è altresì vero che alcune volte è la parte datoriale a subire le furberie del lavoratore.

In questo post affronteremo un aspetto di questo particolare problema e cioè il caso in cui il lavoratore che ha sentore di essere licenziato si mette strategicamente in malattia.

Come si può difendere in questo caso il datore di lavoro?

Si parla in questo caso di malattia tattica del dipedente intendendo quella malattia inesistente fatta ad arte.

A parte la questione che i medici non dovrebbero certificare ciò che non corrisponde al vero sappiamo tutti come il licenziamento sia improduttivo di effetti ed anzi nullo se viene intimato durante il periodo di malattia che può durare per tutto il periodo di comporto stabilito dalla contrattazione colletiva di settore ( di solito 6 mesi).

Il datore di lavoro, qualora voglia legittimamente licenziare un dipendente, deve procedere prima con la contestazione disciplinare e cioè prima deve inviare una lettera al lavoratore ove si lamenta il fatto occorso e si danno 5 giorni per difendersi. Successivamente, trascorsi i 5 gg. si potrà comminare la sanzione disciplinare e licenziare, se vi sono i presupposti, licenziarlo.

Inviata la lettera di contestazione il lavoratore però si mette in malattia e sospende, quindi, la procedura per diversi mesi.

Come può difendersi il datore di lavoro da questo trucco?

Bisogna partire dell’assunto che il certificato medico non è incontestabile. La Cassazione con sentenza n. 11747 del 2005 ha stabilito che il certificato medico «come ogni altro documento, non si sottrae alla valutazione del giudice del merito» e quindi se ne potrà vagliare, sempre,  l’attendibilità e ciò indipendentemente dal fatto che si sia richiesto o meno l’accertamento sanitario.

Per esempio la tempistica del certificato rispetto alla lettera di contestazione può essere sicuramente un elemento su cui puntare.

In un caso che mi è capitato di trattare, ad esempio, la lavoratrice litiga , durante il lavoro, con il datore e abbandona il posto di lavoro lasciando parte datoriale in difficoltà. Inizia il procedimento disciplinare e viene inviata la lettera di contestazione.

Il giorno stesso di ricevimento della raccomandata la lavoratrice si mette in malattia.

Nel caso di cui sopra indubbio è il fatto che la malattia sia solo strategica e non può non sottolinearsi come alla data di comunicazione dell’inizio della procedura disciplinare sia subentrata la “casuale” malattia che ha comportato l’assenza del lavoratore. Anche la Corte di Appello di Milano ha avuto modo di affrontare questa tema statuendo che:«E’ scarsamente attendibile un certificato con il quale il medico curante giustifichi un’astensione dal lavoro, a ridosso di due giorni di festa, con la diagnosi di tachicardia e ipertensione, prescrivendo un tranquillante e non un farmaco ipotensivo» .

La contestazione, poi, si fa ancora più pregnante nel caso di malattia depressiva o attinenete agli stati psicologici della persona perchè non tutte le depressioni sono motivo, di per sè, per giustificare una assenza indipendentemente se il certificato e la malattia sia vera o meno.

Nel caso in esame pur se in malattia la lavoratrice è stata licenziata. La stessa ovviamente propose opposizione al licenziamento ma in corso di giudizio non ebbe la meglio non essendo stata creduta – giustamente – la sua versione.

Quindi c’è rimedio da parte datoriale alle furberie del lavoratore non dovendo questi rimanere inerme e subire ingiustizie ingiustificate.

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