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Sommersi dai debiti: si può tornare a vivere?

Sommersi dai debiti? Si può tornare ancora a vivere?

Sommersi dai debiti perchè il lavoro  frana, le rate del mutuo  incalzano…e poi…. una bolletta imprevista, la macchina da riparare, il conto del dentista: basta una nonnulla per cadere nel vortice del sovraindebitamento, quando la somma dei debiti supera il reddito disponibile, i soldi in tasca non bastano mai, e più ci si accanisce a trovarne di altri più si va a fondo, condannandosi a morte certa.
Ma uscire da questa situazione, quando si è sommersi dai debiti, non è missione impossibile dopo l’approvazione della legge “salva-suicidi”, la numero 3 del 2012, che ha l’elevato scopo di cercare di abbattere il muro dei debiti fino all’80% guadagnandosi così l’“esdebitamento” e l’opportunità di una nuova ripartenza.
Il sovrindebitamento è una situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio liquidabile per farvi fronte, nonché la definitiva incapacità del debitore di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni.
Il primo requisito è che il sovraindebitamento sia incolpevole e cioè che non ci si sia trovati sommersi dai debiti perché si sono fatte azioni impulsive, ma si sia scivolati nella situazione critica senza appigli a cui aggrapparsi.
Lo strumento è paragonabile alla procedura concorsuale del concordato preventivo, ed è accessibile a due categorie di sovraindebitati: il consumatore e l’imprenditore non fallibile. Una volta attivata la procedura in caso di esito positivo, si può tornare a vivere con il pagamento di una somma spesso irrisoria.
I casi dei sovraindebitati sono i più vari.
Molte famiglie , ad esempio, sono composte da una coppia di lavoratori, lui con uno stipendio di 1.200 euro e lei precaria. La lei rimane incinta e perde il poco lavoro che ha. Così adesso lui si trova a dover mantenere moglie e figlio con il suo solo stipendio: situazione non certo agevolata dall’introduzione del Jobs Act che sta portando drasticamente alla riduzione dei contratti a tempo indeterminato.In una situazione simile, a cose normali, essere sommersi dai debiti porta all’annegamento sicuro.
Ma facciamo un esempio concreto. Mettiamo che un consumatore abbia comprato una casa e l’abbia strapagata ricorrendo a un mutuo al 100% (qui bisogna fare anche un’altra valutazione e vedere, cioè, se il mutuo non nasconde una ipotesi di usura pattizia perché altrimenti il debito può essere abbattuto). Poi è arrivata la crisi—-il consumatore ha perso il posto di lavoro e adesso non riesce più a far fronte al pagamento delle rate.
Come ne può uscire?
Spesso questa situazione, prima dell’introduzione della legge, non aveva soluzione e ha portato molte persone a scegliere la strada più drammatica: il suicidio.
Oggi la procedura della legge chiamata, appunto, volgarmente “salva-suicidi” mi permette di salvare la mia posizione. Potrò rimettermi in gioco nuovamente, trovare un altro lavoro e ricominciare a vivere senza temere il pignoramento dello stipendio e soprattutto la fame.
Per prima cosa bisogna presentare una istanza al presidente del Tribunale del luogo di residenza per la nomina di un Organismo di composizione che valuterà il piano del consumatore: importante è che il piano verrà omologato dal Tribunale senza il consenso dei creditori ( questo vale solo se si è consumatori perché nel caso di imprenditore non fallibile sarà necessario il consenso del 60% dei creditori).

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