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Ci si può difendere dai social network?

Oggi non possiamo più ignorare la presenza del social network e la loro influenza anche troppo pesante sulla nostra quotidianità.

Ma ci si può difendere dalle pubblicazioni illecite a nostro carico sui social network?.

Nel caso di post non autorizzati e che offendano e ledano la reputazione di un soggetto è possibile presentare ricorso cautelare ex art. 700 c.p.c .

Il Tribunale di Napoli si è interessato alla problematica analizzando il caso di una ragazza oggetto di video a carattere sessuale diffuso online senza autorizzazione e oggetto di insulti postati su Facebook la quale aveva presentato ricorso cautelare ex art. 700 c.pc. contro il social network.

Il Tribunale accoglieva la relativa domanda ordinando a Facebook Ireland l’immediata cessazione e rimozione dalla piattaforma del social network di ogni post o pubblicazione contenente immagini (foto e/o video) o apprezzamenti riferiti specificatamente alla persona della ricorrente e fissando poi in euro 100 la somma dovuta alla ricorrente ai sensi dell’art. 614-bis c.p.c. per ogni violazione o inosservanza dell’ordine nonché per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione del provvedimento e fino al limite massimo complessivo di euro 10.000, con condanna alla refusione delle spese e competenze di lite in favore della ricorrente.

Facebook proponeva reclamo contro la sopra citata ordinanza chiedendo in via preliminare la sospensione dell’efficacia esecutiva dell’ordinanza in quanto l’esecuzione stessa avrebbe causato a Facebook gravissimi e irreparabili danni ponendosi, tale decisione, in contrasto con le disposizioni del l’art. 16 d.lgs. 9 aprile 2003, n. 70 (cd. Decreto e-commerce di attuazione della direttiva 2000/31/CE relativa agli aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione).

V’è da dire che analizzando la normativa in materia (direttiva 8 giugno 2000 sul commercio elettronico; 2000/31/CE recepita dal d.lgs. n. 70/2003 che ha sancito l’assenza di un obbligo generale di sorveglianza per gli ISP) in riferimento all’attività di memorizzazione durevole o “hosting” la responsabilità del provider è espressamente esclusa dall’art. 16 d.lgs. n. 70/2003, a condizione che: a) non sia effettivamente a conoscenza del fatto che l’attività o l’informazione è illecita e, per quanto attiene ad azioni risarcitorie non sia al corrente di fatti o circostanze che rendono manifesta l’illeicità dell’attività o dell’informazione; b) non appena a conoscenza di tali fatti, su comunicazione delle autorità competenti agisca immediatamente per rimuovere le informazioni o per disabilitarne l’accesso.

L’art. 17 d.lgs. n. 70/2003 esclude che il provider sia assoggettato ad un generale obbligo di sorveglianza sulle informazioni che trasmette o memorizza ovvero un obbligo generale di ricercare attivamente fatti o circostanze che indichino la presenza di attività illecite.

Pur in assenza di un generale obbligo di sorveglianza deve tuttavia ritenersi sussistente una responsabilità del social network per le informazioni oggetto di memorizzazione durevole od hosting a patto che il provider sia effettivamente venuto a conoscenza del fatto che l’informazione è illecita (art. 16, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 70) e non sia attivato per impedire l’ulteriore diffusione della stessa.

A ciò si aggiunga che non vi è a carico degli ISP un obbligo di controllo preventivo dei contenuti presenti né una posizione di garanzia ma sussiste un obbligo successivo di attivazione di modo che la responsabilità a posteriori dell’hosting provider sorge per non avere ottemperato, ad esempio, ad un richiesta (diffida) di rimozione dei contenuti illeciti proveniente dalla parte che assume essere titolare dei diritti, ovvero per non avere ottemperato a un ordine dell’autorità, sia essa giurisdizionale o amministrativa, cui si sia rivolto il titolare del diritto per ottenere il medesimo effetto.

A tal proposito la giurisprudenza in materia (in particolare; Tribunale di Milano, sezione prima civile, ordinanza del 3.10.2013) ritiene ravvisabile una responsabilità del prestatore di hosting nei confronti del terzo danneggiato dai contenuti inseriti dal un destinatario del servizio (e salva la responsabilità di quest’ultimo) soltanto se il danneggiato dimostri in giudizio che il provider era comunque stato messo a conoscenza del contenuto illecito di un’attività o di un’informazione alla quale dava accesso e che, nonostante ciò, questi nulla ha fatto per darne tempestiva comunicazione all’autorità, né abbia provveduto ad impedirne l’accesso a quel determinato contenuto, avvalendosi del potere di autotutela negoziale di cui avrebbe potuto avvalersi in base al contratto concluso con i destinatario del servizio.

Per i social network inizia una nuova complessa sfida: come riuscire ad attivarsi in modo efficace nel caso di segnalazioni e diffide specifiche senza comprimere la libertà di espressione? Come prevenire possibili contenziosi relativi a contenuti illeciti?

La sfida riguarda tutti noi nell’ottica di una maggiore consapevolezza delle opportunità e rischi nell’utilizzo delle tecnologie e di internet e dei nostri diritti e dei possibili strumenti di tutela.

 

 

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