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Recupero credito come non farsi gabbare dai furbi

Avviso ai naviganti sulla impervia via del recupero credito: ovvero come non farsi gabbare dai furbi!

Spesso si dice, nei corridoi dei Tribunali, che se non vuoi perdere un cliente non dovresti mai curargli una pratica di recupero credito.

Questa frase ha del vero in quanto in Italia- sia chiaro – si tutelano i debitori e non i creditori.

Privacy, impignorabilità, facilità di intestazione di beni a parenti vari, società a responsabilità limitata che cessano con una facilità incredibile , beni in leasing, contratti di comodato, sono solo alcune delle possibili situazioni in cui si può trovare il creditore.

Quante volte di fronte ad un credito, magari sudato con anni di causa poi vinta, si arriva al dunque e si deve affronta la fase più difficile, quella esecutiva, quella che può rendere vani tutti gli sforzi ?

Se poi si ricorda che recuperare una somma ha un costo ( marche, iscrizioni al ruolo, agenzia delle entrate, notifiche ecc.) in quanto lo Stato dove c’è da mangiare …mangia(!) bè allora si capirà la delicatezza della fase processuale chiamata tecnicamente esecutiva.

Anni di esperienza mi hanno insegnato che anche qui la regola meglio prevenire che curare è più che valida.

Infatti, come consiglio ai clienti, è meglio spendere due soldi in più per fare una indagine preventiva e vedere se Tizio ha dei beni aggredibili che procedere a spada tratta con il recupero e alla fine rimanere con un pugno di mosche.

E’ per questo che nel mio Studio ho deciso di avere un servizio a costi contenuti di investigazione proprio per offrire al cliente questa opportunità.

Certo nel caso in cui il credito nasca da una causa che è durata negli anni ove le cose sono mutate nel tempo, non si può prevenire perché la lentezza della giustizia fa i suoi danni anche sotto questi aspetti.

Infatti è capitato che si inizia una causa contro, ad esempio, una srl e quando la causa è vinta la società non esiste più: se tutto si fosse concluso in tempi ragionevoli ciò non sarebbe accaduto.

Unico rimedio…fare una causa per lungaggini processuali ( legge Pinto) che però non restituirà quello deciso in sentenza ma darà una indennità – si badi bene – per ogni anno in più che la causa è durata rispetto al tempo limite previsto dalla Comunità Europea: questo però è un altro argomento…

Parlando di pignoramenti ed esecuzioni una volta scoperto che il debitore ha dei beni si può eseguire diversi pignoramenti.

Tra quelli più fruttuosi e veloci oltre al pignoramento del conto corrente vi è da menzionare il pignoramento della pensione e dello stipendio.

L’art. 13 d.l. 27 giugno 2015, n. 83 ha introdotto importanti novità nel codice di procedura civile sul pignoramento della pensione andando a individuare il “quinto” pignorabile della pensione nonché a individuare gli obblighi del terzo pignorato (Banca o Posta) quando sul conto corrente “pignorato” sono accreditati la pensione o lo stipendio.

Il pignoramento della pensione.Con riferimento al pignoramento della pensione, l’art. 13 introduce un nuovo comma, secondo il quale “le somme da chiunque dovute a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione o di altri assegni di quiescenza, non possono essere pignorate per un ammontare corrispondente alla misura massima mensile dell’assegno sociale, aumentato della metà. La parte eccedente tale ammontare è pignorabile nei limiti previsti dal terzo, quarto e quinto comma nonché dalle speciali disposizioni di legge”.

Ne deriva che vi sarà una parte assolutamente impignorabile della pensione e cioè quella pari all’importo dell’assegno sociale aumentato della metà ( circa 500 euro).

L’importo della pensione detratto l’assegno sociale aumentato della metà sarà poi pignorabile nel limite del quinto.

Il pignoramento dello stipendio e della pensione accreditate su conto corrente. Con riferimento al pignoramento del conto corrente, invece, la nuova norma prevede che “le somme dovute a titolo di stipendio, salario, altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza, nel caso di accredito su conto bancario o postale intestato al debitore, possono essere pignorate, per l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale, quando l’accredito ha luogo in data anteriore al pignoramento; quando l’accredito ha luogo alla data del pignoramento o successivamente, le predette somme possono essere pignorate nei limiti previsti dal terzo, quarto, quinto e settimo comma, nonché dalle speciali disposizioni di legge”.

La disposizione introduce per il creditore procedente del c.p.c. una deroga al principio secondo il cui il limite del quinto vale soltanto quando il terzo pignorato è il datore di lavoro o l’ente previdenziale.

Ed infatti, a stretto rigore, il credito vantato dal correntista (lavoratore o pensionato) nei confronti della Banca ha come titolo non già il rapporto di lavoro o il rapporto previdenziale ma soltanto un credito ad una prestazione avente per oggetto denaro (e cioè il bene fungibile per definizione).

Gli obblighi del terzo. Inoltre, il d.l. aggiunge- completando la disciplina – un comma all’art. 546 c.p.c. stabilendo che “nel caso di accredito su conto bancario o postale intestato al debitore di somme a titolo di stipendio, salario, altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza, gli obblighi del terzo pignorato non operano, quando l’accredito ha luogo in data anteriore al pignoramento, per un importo pari al triplo dell’assegno sociale; quando l’accredito ha luogo alla data del pignoramento o successivamente, gli obblighi del terzo pignorato operano nei limiti previsti dall’articolo 545 e dalle speciali disposizioni di legge.”

Il precedente di Equitalia. Certamente la norma ha un qualche “precedente” nel comma 2-bisdell’art. 72-ter d.P.R. n. 602/1973 relativo alla riscossione coattiva in base al quale “nel caso di accredito delle somme di cui ai commi 1 e 2 sul conto corrente intestato al debitore, gli obblighi del terzo pignorato non si estendono all’ultimo emolumento accreditato allo stesso titolo”. Quanto invece alle somme che vengono accreditate dopo il pignoramento il legislatore ne ha previsto la pignorabilità entro i limiti di legge. Ma i problemi non sono finiti. Ed infatti, questo dovrebbe significare che in presenza di un duplice pignoramento presso terzi, il primo presso il datore di lavoro e il secondo presso la Banca, il creditore potrebbe conseguire (non più come prima i 5/5 dati dalla somma 1/5 presso il datore e 4/5 presso la Banca ma) 1/5 presso il datore di lavoro e 1/5 dei 4/5 residui versati.

I problemi da affrontare in questa fase pertanto non sono pochi e bisognerà armarsi di pazienza avendo fiducia, ovviamente, nell’operato del professionista incaricato di tale gravoso incombente.

Per approfondimenti e chiarimenti potrete visitare il sito www.bartolininstudiolegale.com o scrivere a [email protected]

 

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