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Lavoratore a progetto: quali limiti?

Sul contratto a progetto e sugli indici rivelatori dello stesso

Il contratto progetto, introdotto nel nostro ordinamento dal D.Lgs. 10 settembre 2003 n. 276 trova la propria collocazione sistematica nell’ambito dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa con riferimento ad un progetto o programma di lavoro o fasi di esso determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto del coordinamento con la organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione dell’attività lavorativa ( art. 61 c. 1 D.Lgs 276/2003).

Tali tipi di contratti debbono essere riconducibili a uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso determinati dal committente. Il progetto, il programma o fase di esso, così determinati, diventano parte del contratto di lavoro e devono essere specificati per iscritto ed individuati nel loro contenuto caratterizzante al fine di delimitare l’utilizzo del lavoro coordinato e continuativo a quelle sole prestazioni che siano genuinamente autonome perché definite in funzione di un risultato predeterminato che le caratterizza e ne delimita l’ambito di svolgimento. Un risultato che le parti definiscono pertanto in tutti i suoi elementi qualificanti al momento della stipulazione del contratto e che il committente, a differenza del datore di lavoro subordinato, non può successivamente variare in modo unilaterale.

In particolare deve intendersi:

  • per progetto di lavoro un’attività produttiva ben identificabile e funzionalmente collegata ad un determinato risultato finale cui il collaboratore partecipa direttamente con la sua prestazione. Il progetto può essere connesso all’attività principale od accessoria dell’impresa. L’individuazione del progetto da dedurre nel contratto compete al committente. Le valutazioni e scelte tecniche, organizzative e produttive sottese al progetto sono insindacabili;
  • per programma di lavoro un tipo di attività cui non è direttamente riconducibile un risultato finale. Il programma di lavoro si caratterizza per la produzione di un risultato solo parziale destinato ad essere integrato, in vista di un risultato finale, ad altre lavorazioni e risultati parziali.

Nell’ambito del progetto o del programma la definizione dei tempi di lavoro e delle relative modalità deve essere rimessa al collaboratore in quanto l’interesse del creditore è relativo al perfezionamento del risultato convenuto e non alla disponibilità di una prestazione eterodiretta. Le collaborazioni coordinate e continuative nella modalità a progetto hanno una durata determinata o determinabile , in funzione della durata e delle caratteristiche del progetto,del programma di lavoro o della fase di esso. Nel caso di programma di lavoro la determinabilità della durata può dipendere dalla persistenza dell’interesse del committente all’esecuzione del progetto, programma di lavoro o fase di esso. La determinabilità del termine è dunque funzionale ad un avvenimento futuro, certo nell’an ma non anche necessariamente nel quando. Qualora il collaboratore a progetto debba operare all’interno del ciclo produttivo del committente sarà necessario un coordinamento delle sue prestazioni con le esigenze della organizzazione del committente.

Secondo il modello predisposto dal legislatore le collaborazioni coordinate e continuative sono caratterizzate dall’autonomia del collaboratore nello svolgimento dell’attività lavorativa dedotta nel contratto ( che la giurisprudenza di merito connota come obbligazione di risultato : Trib. Modena 21 febbraio 2006; Trib. Piacenza, 15 febbraio 2006) e funzionale alla realizzazione del progetto, dalla necessaria coordinazione con il committente e dall’irrilevanza del tempo impiegato per l’esecuzione della prestazione ( ML circ. 1/2004).

Quanto a quest’ultimo requisito, va comunque ricordato che l’art. 62, comma 1, lett. D) D.Lgs n. 276/2003, prevede che tra le forme di coordinamento dell’esecuzione della prestazione all’organizzazione del committente siano comprese anche forme di coordinamento temporale. Ond’è che l’autonomia del collaboratore a progetto si esplicherà pienamente, quanto al tempo impiegato per l’esecuzione della prestazione, all’interno delle pattuizioni intervenute tra le parti su dette forme di coordinamento ( ML 1/2004).

Nell’ambito del progetto la definizione dei tempi di lavoro e delle relative modalità deve essere rimessa al collaboratore.

Secondo il Ministero del Lavoro (circ. 4/2008), in sede d’ispezione, l’indagine va incentrata sulla compatibilità delle modalità di esecuzione della prestazione non con il lavoro autonomo in senso lato, ma con la fattispecie del lavoro coordinato e continuativo nella modalità a progetto, tenendo presente i seguenti indici sintomatici:

  • specificità del progetto, programma di lavoro o fase di esso: il progetto non può totalmente coincidere con l’attività principale o accessoria dell’impresa come risultante dall’oggetto sociale e non può ad essa sovrapporsi ma potrà essere soltanto ad essa funzionalmente correlato. Ciò comporta che il progetto non può limitarsi a descrivere il mero svolgimento della normale attività produttiva né può consistere nella semplice elencazione del contenuto tipico delle mansioni affidata al collaboratore.
  • modalità di inserimento del collaboratore nel contesto aziendale del committente: l’inserimento organico non può infatti, di per sé solo, essere ritenuto elemento decisivo per la natura subordinata del rapporto di lavoro, in quanto connaturato a qualunque prestazione lavorativa inserita in un contesto organizzativo. Occorre valutare la tipologia e le modalità in cui si esplica l’inserimento dell’organizzazione aziendale, soprattutto con riguardo alle forme del coordinamento, che devono essere espressamente individuate nell’accordo contrattuale a norma dell’art. 62 D.Lgs n. 276/2003.
  • contenuto della prestazione : bisogna accertare le concrete modalità operative con le quali le prestazioni vengono rese e, in particolare, che il collaboratore non sia utilizzato per una molteplicità di generiche attività estranee al progetto dedotto in contratto.
  • autonomia ed esecuzione: va verificato se al collaboratore, fermo restando il collegamento funzionale con la struttura organizzativa del committente, residui una autonomia di scelta sulle modalità esecutive di svolgimento della prestazione.

In particolare occorre accertare che l’esecuzione delle prestazioni lavorative non avvenga con assoggettamento ad uno specifico e serrato controllo sull’attività svolta, esercitato dal committente, direttamente o per interposta persona. Inoltre, perché la collaborazione sia genuinamente attivata nella modalità a progetto è necessario che risulti del tutto assente qualsiasi manifestazione di un potere disciplinare attuato, anche in forma sanzionatoria, dallo stesso committente.

  • determinazione del compenso: va verificato che il compenso non sia esclusivamente legato al tempo della prestazione ma sia riferibile anche al risultato enucleato nel progetto, programma di lavoro o fase di esso. Devono pertanto essere esaminati i criteri per la determinazione del corrispettivo i quali risulteranno evidenziati dalle parti nel contratto e, quindi, verificati in concreto secondo le effettive circostanze dell’attività lavorativa oggetto di esame;
  • clausola di esclusiva: dovrà valutarsi la sussistenza di una ipotesi di monocommitenza che di per sé è assolutamente compatibile con il lavoro a progetto ma la cui sottoscrizione da parte del collaboratore impone una puntuale verifica di tutti gli altri indici sopra evidenziati.

Se, quindi, il Ministero del Lavoro si è premurato di evidenziare e sottolineare le modalità e gli accertamenti che debbono essere fatti durante una ispezione lavorativa al fine di determinare se un determinato tipo di rapporto lavorativo possa effettivamente essere inquadrato come a progetto e/o come subordinato , a contrario, si evince anche che tale indagine non può limitarsi alla lettura del contratto stipulata tra le parti – come è avvenuto nel caso di specie – ma deve concretizzarsi in accertamenti svolti in concreto e non solo formali.

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