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Muore contro un palo: il Comune condannato a pagare!

Siamo in Sicilia, la notte è già scesa sulle case ed un giovane, verso le 20 di sera percorre una strada non illuminata a bordo del suo motorino. La strada è chiusa in quanto vi sono lavori in corso ma non vi è alcuna segnaletica con avverta il viandante. Gli unici massi che erano stati messi per ostacolare il passaggio erano stati spostati. Tutto sembra coincidere quella notte per far si che si verificasse l’evitabile. Infatti il ragazzo si addentra in quella via che non sa essere chiusa per lavori e si schianta contro un palo posto in mezzo alla strada: la morte è immediata! Ai genitori non rimane che stringersi nel dolore e cercare giustizia in Tribunale. Infatti sia il Tribunale in primo grado e la Corte d’Appello condannano il Comune e l’impresa appaltatrice, solidalmente al 50%, a risarcire ai genitori il danno biologico e morale. L’art. 2051 c.c. grava anche sul Comune ed anche se la strada è chiusa per lavori di appalto: chi ha cose in custodia deve vigilare affinchè queste non rechino danni a terzi.Il Comune invece di accettare la sentenza anche per rispetto del giovane ragazzo deceduto ricorre in Cassazione facendo subire ai genitori una ulteriore agonia , questa volta di natura processuale. Nel proprio ricorso il Comune sosteneva che era applicabile l’art. 2043 c.c. che come è noto pone più in difficoltà, in termini di prova, colui che accampa pretese risarcitorie. La S.C. per fortuna “ bacchetta” il Comune sottolineando come sia obsoleto l’orientamento giurisprudenziale che vedeva applicare l’art. 2043 c.c. anziché l’art. 2051 c.c. il quale «si presta ad una migliore salvaguardia e ad un miglior bilanciamento degli interessi in gioco, in conformità ai principi dell’ordinamento giuridico ed al sentire comune». Il Comune avrebbe dovuto controllare che l’impresa appaltatrice dei lavori adempiesse correttamente ai propri obblighi. Un contratto di appalto «non vale affatto ad escludere la responsabilità del Comune committente nei confronti degli utenti delle singole strade». Quindi nel caso in cui non ci sia stato un totale trasferimento «all’appaltatore del potere di fatto sulla res, l’ente proprietario continua a rispondere come custode, atteso che deve continuare ad esercitare sull’opera l’opportuna vigilanza e i necessari controlli». La Corte sottolinea che «la responsabilità ex art. 2051 c.c. integra una vera e propria ipotesi di responsabilità oggettiva, che trova piena giustificazione, dal punto di vista della ratio, in ragione dei poteri che la particolare relazione con la cosa attribuisce al custode». Tale responsabilità può essere esclusa solo dal caso fortuito. Il risarcimento quindi spetta eccome! Ed almeno questa magra consolazione spetta ai genitori anche se non si può mai parlare di giustizia in caso di decessi causati per negligenza di terzi ed anche perché, seppur una vita di per se non si possa mai quantificare in termini di denaro, le tabelle risultano comunque inadeguate e non soddisfacenti ( sempre che si possa parlare di soddisfazione , anche se in termini risarcitori, in questi casi).

Avv. Fabrizio Bartolini

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