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Come provare il contenuto della cassetta di sicurezza per il risarcimento danni?

In caso di furto della cassetta di sicurezza come provare il contenuto? Il problema che ci poniamo non è da poco in quanto si potrebbe sostenere che nella cassetta vi era un prezioso gioiello dal valore inestimabile , tipo il diamente dell’oceano del Titanic, quando in realtà vi era ben poco. Ma se effettivamente il diamante  vi era ci possiamo trovare dinanzi a questa contestazione da parte della compagnia assicurativa sempre pronta a non facilitare le cose. Pochi sicuramente avranno con sè le foto dei beni contenuti nella cassetta che tra l’altro non sono nemmeno risolutive in quanto non provanti certamente che detti beni vi erano al momento del fatto. La problematica in questione ha interessato la Corte di Cassazione la quale ha respinto la richiesta risarcitoria avanzata dal proprietario della cassetta di sicurezza svaligiata (pur ritenendo sussistente la responsabilità dell’istituto bancario per l’inidoneità dei locali) ritenendo per l’appunto non provato il danno patrimoniale subito: in poche parole la banca ha torto ma ne esce ugualmente bene! In particolare non è stata ritenuta provata l’esistenza nella cassetta al momento del furto dei gioielli, posto che le prove fornite erano da un lato la denuncia penale della parte e dall’altro le dichiarazioni testimoniali di marito e figlio della danneggiata, giudicate eccessivamente generiche. La Cassazione sottolinea come il l contenuto di una cassetta di sicurezza costituisca «una circostanza di fatto generalmente non divulgata, attesa la prioritaria esigenza di riservatezza» che la caratterizza e quindi si dovrà valutare complessivamente i singoli riscontri probatori alla luce dell’intrinseca riservatezza della materia. La denuncia che la parte aveva fatto è prima di tutto un atto di parte e come tale, sussistendo comunque l’obbligo di verità andrà vagliato se si tratti di una denuncia dal contenuto generico ovvero «circostanziata in ordine al numero, la tipologia, la descrizione e il valore degli oggetti preziosi custoditi». Le testimonianze dei familiari, ritenute nei gradi di merito insufficienti perché genericamente confermative del contenuto della cassetta, devono essere invece valutate nel contesto anzidetto, e quindi anche con riferimento al contenuto della denuncia penale, a maggior ragione visto che i testimoni hanno precisato le ragioni della conoscenza del contenuto della cassetta, «fornendo altresì specifiche indicazioni sulla provenienza, la descrizione e le caratteristiche di alcuni di essi «La sentenza impugnata si è limitata ad un esame dei singoli riscontri, effettuato in modo atomistico, omettendo completamente di porre in correlazione gli elementi indiziari al fine di verificarne l’eventuale coerenza, precisione ed univocità». La motivazione cita anche espressamente il precedente costituito dalla sentenza n. 27068/2008, nonché, in tempi moto recenti, dalla n. 3703/2012, in tema di prova presuntiva (artt. 2727-2729 c.c.): «la prova presuntiva esige che il giudice prenda in esame tutti i fatti noti emersi nel corso dell’istruzione, valutandoli tutti insieme gli uni per mezzo degli altri».

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