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Commemorazione di un uomo qualunque

 

Nella giornata di ieri è morto De Freitas Luiz Carlos un nome che per molti non dirà nulla.

Era una persona vissuta un po’ ai margini della società ma con quella voglia di lottare e far valere le proprie ragioni che solo pochi hanno. Non aveva mai perso la speranza e la forza di lottare nemmeno di fronte alle avversità della vita e , per ultimo, di fronte alla malattia che di giorno in giorno lo consumava.

Conobbi il De Freitas in quanto venne da me perché accusato di gravi reati che lo portarono alla carcerazione cautelare per ben 11 mesi. Non fu facile, inizialmente, credere alle parole di quell’uomo di aspetto trasandato e così lontano dai canoni in cui ero abituato a vivere, ma, ogni volta che lo andavo a trovare nel carcere di Sollicciano mi rendevo conto sempre di più che quel grido di giustizia che ogni volta lui reclamava, si faceva sempre più forte e che i fatti che mi raccontava corrispondevano a verità. Fu così che riuscii, non senza notevoli sforzi e peripezie , a farlo scarcerare e, affrontato il processo , ad ottenere l’assoluzione piena in suo favore.

Era chiaro che il De Freitas era stato incarcerato ingiustamente.

Ricorsi così in appello per ottenere un risarcimento per ingiusta detenzione e quando uscì la sentenza della Corte mi resi conto che vi era ancora da lottare per ottenere giustizia e che la guerra non era ancora terminata.

Infatti la Corte pur riconoscendo che il risarcimento dovuto sarebbe spettato nella misura di euro 88.000, visto la status sociale del De Freitas riteneva che poi così gravi danni all’immagine della persona non vi fossero,  considerando quindi sufficiente un risarcimento pari alla metà del dovuto.

Nonostante avesse bisogno di quel denaro il De Freitas non si rassegnò e volle lottare di nuovo contro quella ingiustizia che ancora una volta lo aveva colpito in qualità di cittadino straniero.

Fu così che propose ricorso in Cassazione , la cui udienza ad oggi non è stata ancora fissata.  Intanto le comunicazioni con lui divennero rare, visto che stava combattendo con un nemico più grande ma anch’esso ingiusto: una grave malattia che lo aveva colpito all’età di 40 anni.

Mi telefonò due settimane fa, oramai senza nessuno a cui rivolgersi, ma ricordandosi di quell’avvocato con cui aveva , per anni, combattuto insieme quella battaglia giudiziaria, chiedendomi di andarlo a trovare all’ospedale Cisanello ove era ricoverato da ben 8 mesi.

Ovviamente per lui tutto era passato in secondo piano e del fatto che doveva sempre ottenere un ingente risarcimento da quello Stato che lo aveva detenuto ingiustamente oramai non aveva che un flebile ricordo.

Non potevo sottrarmi a tale richiesta anche quale forma di rispetto nei  confronti di un cliente che comunque mi onorava chiedendo, in fin di vita, il mio aiuto.

Era l’ennesima dimostrazione che in questa professione non si riesce mai a staccarsi dai problemi che la gente ci chiama ad affrontare, unendo le nostre vite un po’ alle loro che entrano a far parte, anche senza rendercene conto, di noi stessi.

Entrai in quella stanza di ospedale titubante e timoroso di cosa mi aspettasse. Il De Freitas si trovava, là, in fondo a quella stanza, seduto su una poltrona, oramai paralitico. Il suo aspetto ricordava tutto tranne quello di un uomo: i capelli oramai quasi totalmente inesistenti erano diventati completamente bianchi, il volto era scarnificato , il corpo era così magro che le costole gli spuntavano dal petto tanto sembrava trafitto da lance, due chiazze bianche gli coprivano il capo, gli occhi erano quasi fuori dalle orbite.

Nulla vi era, in quell’aspetto, che ricordasse quella persona che si era presentata al mio studio , anni or sono, facendo valere con veemenza le proprie ragioni.

Eppure , quando mi iniziò a parlare, con tutte le difficoltà, non essendo più la parola così sciolta come un tempo, subito riconobbi l’anima di quel De Freitas che nonostante gli oramai 30 k di peso, senza più forze e paralitico aveva sempre , dentro di sé, quella voglia di lottare: lottare stavolta contro quel male che riteneva ingiusto e di cui non capiva neppure la gravità. Era entrato in ospedale camminando ed ora si ritrovava paralitico seduto su una sedia e di ciò voleva chiedere giustizia, e per ciò chiedeva il mio aiuto.

Ebbi la dimostrazione che il corpo e l’anima sono due entità distinte che si uniscono misteriosamente in questa vita terrena: il corpo con il tempo si consuma, perde la sua forza ed il suo vigore, l’anima, invece, rimane immutata nel tempo, è la vera essenza della persona: di ciò il De Freitas me ne stava dando involontariamente un insegnamento ed una dimostrazione.

Mi espresse un ultimo desiderio: quello di ritornare in Brasile per riabbracciare la sua famiglia. Purtroppo, quella battaglia, il De Freitas l’ha dovuta affrontare da solo in quanto il Consolato, interpellato all’ultimo momento, non ha fatto in tempo ad intervenire per esaudire il suo ultimo desiderio: il De Freitas mi aveva chiesto aiuto troppo tardi forse non rendendosi conto del poco tempo che gli restava, confidando in quella forza e predisposizione alla lotta che lo aveva sempre accompagnato nella sua vita.

E’ morto così , per arresto cardiocircolatorio, un uomo la cui vita è stata sempre contraddistinta da un fato avverso ed ingiusto.

La detenzione ingiusta, gli anni di lotta per dimostrare la propria innocenza, il doveroso risarcimento per ingiusta detenzione riconosciuto solo in parte , e mai ottenuto , stante il suo status sociale, la malattia che lo ha colpito quando era ancora giovane.

Ovviamente di quel risarcimento che gli spettava nulla ha avuto, essendo da mesi in attesa di quella udienza in Cassazione: attesa che per lui è stata fatale.

I suoi familiari, sconosciuti anche al sottoscritto, probabilmente nulla sanno, vivendo in Brasile, di tale risarcimento e delle ingiustizie che il loro caro aveva subito.

Lo Stato con le sue lungaggini ha mietuto ancora un’altra vittima. Se fosse stato celere a pagare il dovuto, visto che per i cittadini le sentenze sono provvisoriamente esecutive, almeno il De Freitas gli ultimi anni se li sarebbe passati dignitosamente. Ma la umanità non è parte di un sistema che usa la tagliente e sottile arma della burocrazia per sottrarsi ai propri impegni.

La notizia della morte del De Freitas ha provocato un silenzio nella frenetica attività di studio, un attimo in cui ho ritenuto necessario, per quel rispetto dovuto nei confronti di un cliente ma anche in virtù di un rapporto fiduciario reciproco che con esso si instaura, commemorare la sua memoria con questo post facendo conoscere, in breve, la sua storia e cercando di rendere note quella ingiustizie di un uomo sino ad oggi sconosciuto.

 

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