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La macchina della giustizia: difetti ma anche pregi di chi lavora per farla funzionare.

 

Varcando le soglie dei tribunali quotidianamente, l’impressione che mi sono fatto del funzionamento della giustizia è contraddittoria in quanto ,da un lato, non si può che avere un quadro negativo della situazione mentre dall’ altro si può notare come molte persone siano impegnate quotidianamente nel loro lavoro , oltre il consentito ed il retribuito, affinchè gli uffici funzionino.

Come è noto non si può fare di tutta un’erba un fascio e per chi lavora nella giustizia questa regola non fa certo eccezione.

Così come vi sono giudici e cancellieri che hanno fatto della maleducazione la loro caratteristica principale, vi sono, anche, altrettanti giudici e cancellieri che fanno il loro lavoro nel migliore dei modi con gentilezza, disponibilità, preparazione ed onestà.

Per quanto la gentilezza un discorso a parte va fatto per i giudici in quanto è giusto che abbiano quella autorevolezza ( che mai deve sfociare in maleducazione) tale da far si che l’udienza venga condotta nel migliore dei modi, soffocando l’emotività che a volte prende le parti presenti, avvocati inclusi.

Per le parti e per gli avvocati non può essere diversamente, per quanto riguarda l’emotività. Un famoso detto recita “ il medico pietoso fa la piaga puzzolente” ma questa “regola” non può valere per gli avvocati. Infatti, questi non possono rimanere estranei al caso prospettato dal cliente ( semprechè anche il cliente se ne interessi e non faccia, come a volte capita più di quanto si pensi, in modo di lasciare gli incartamenti al legale per poi non farsi più vivo se non per lamentarsi del pagamento della parcella) in quanto spesso sposano gli interessi della parte, se ne fanno paladini e spesso, vengono, persino additati ingiustamente nel caso in cui il cliente non ottenga il risultato previsto e alle volte preteso non secondo diritto.

Un giudice ultimamente in udienza ha detto che chi giudica bene è colui che scontenta tutte le parti in causa e se ci si riflette bene non è che abbia tutti i torti.

Quante volte il cliente e l’avvocato escono soddisfatti al 100% da una causa?

Bè poche volte!

Infatti, anche nel caso di vincita, a volte le spese vengono liquidate in maniera non congrua se non addirittura compensate e anche quando si ha ragione fatti veritieri , alle volte, non si riescono a provare per svariate ragioni: la verità reale differisce quasi sempre da quella processuale.

L’avvocato non può garantire il risultato ma la sua obbligazione è solo di mezzo: uno dei concetti più difficili da capire da parte del cliente.

Un buon avvocato è colui, a mio avviso, che cerca di fare il possibile per il cliente, indipendentemente dal risultato(che non dipende da lui) , quando è leale non consigliando cause che lui personalmente non farebbe e onesto anche nella richiesta di pagamenti.

Molti legali, anzi la maggior parte, conducono la propria attività secondo questi canoni persino anticipando le spese e postergando il proprio pagamento ai diritti dell’assistito. Bisogna anche dire , però, che il lavoro di avvocato è un lavoro particolare , di pubblica utilità, che entra a far parte della persona del legale : impossibile quindi scindere la sfera personale da quella professionale.

Si parla in questi giorni di una riforma della professione forense , vista la moltitudine degli avvocati in Italia, per ridare lustro alla categoria e ciò è giustissimo anche se bisognerebbe informare le persone della vera attività che i legali sono soliti fare quotidianamente svolgendo una professione definita libera ma che libera non è. Queste informazioni dovrebbero essere diffuse tanto quanto quelle in cui si dà notizia –prontamente – di un legale che ha combinato qualche scorrettezza : una mela marcia può esserci soprattutto se nel paniere di mele ce ne sono tante ma questa è l’eccezione e non la regola come a volte si vorrebbe far intendere!

Altra lode và fatta ai cancellieri a volte costretti a straordinari oltre il consentito e, a volte, non pagati interamente, per far funzionare l’ufficio a cui sono preposti e che si rendono sempre disponibili per ogni esigenza.

Vi sono uffici che funzionano davvero bene anche se ovviamente non tutti sono così.

In questo è proprio il caso di dire che l’ufficio lo fa il cancelliere !

Altro lavoro difficile e scomodo è quello degli ufficiali giudiziari che quotidianamente sono sempre in giro a far notifiche e a confrontarsi con realtà quasi sempre scomode a rischio anche di ritorsioni nei loro confronti in quanto, dovendo eseguire le sentenze, spesso si trovano a confrontarsi con la parte soccombente non sempre ragionevole: il giornale lo leggiamo tutti e i fatti di cronaca di gente che dà in evanescenze è all’ordine del giorno.

Sui giudici vi è un bel libro “ elogio dei giudici scritto da un avvocato” di Calamandrei di cui consiglio la lettura in quanto esaustivo e davvero reale e persino divertente.

Per me il giudice dovrebbe essere imparziale, onesto, incondizionato, preparato, disponibile con le parti ad ascoltare le loro ragioni, non frettoloso: se così è, una sentenza, anche in caso di soccombenza, verrà accettata con serenità.

A volte però ci si trova dinanzi a giudici che non si sono studiati il fascicolo e quindi si fa udienza dicendo loro cose di cui non sono a conoscenza, dovendo emettere ordinanze sulla base dell’impressione di quel brevissimo attimo che a volte è l’udienza civile: da qui possono nascere ingiustizie e lesione di diritti dettati dalla fretta di sbrigare la pratica e passare a quella successiva.

A volte ci si trova dinanzi a giudici indisponenti per natura , forse per  problemi personali che non dovrebbero riverberarsi sul lavoro: è il caso di un giudice che disse ad un collega durante una udienza, nel mese di luglio, che si teneva nella propria stanza gremita di gente ,tanto era impossibile passare, che gli toglieva la luce perché si era messo dinanzi a lui per parlare della causa pendente, nell’unico spazio possibile e così dicendo non lo fece parlare: quel giorno forse il giudice avrebbe voluto essere in vacanza come molta altre persone lì presenti ma questo per lui era motivo per prendersela con chi aveva impedito il suo viaggio verso altri lidi.

A volte ci si trova dinanzi a giudici i quali non hanno ben capito il ruolo a cui sono preposti, ruolo non di elevazione sociale ma, bensì, di coscienza e responsabilità ( anche se parlare di responsabilità nel vero senso della parola dei magistrati in Italia è una utopia) in quanto debbono comunque decidere su questioni inerenti la vita di terzi: bisogna pertanto essere imparziali e terzi, applicare le norme e stare ben attenti a non far si che l’interpretazione delle norme diventino mero arbitrio.

Vi è da dire, però che molti sono i giudici corretti, onesti che svolgono il proprio lavoro assiduamente ed imparzialmente con preparazione e dovizia e rendono lustro alla giustizia.

Quando ci si imbatte in uno di questi giudici si ha la contezza che il diritto, non sempre, ma a volte è la manifestazione della giustizia applicata alla realtà e  quando ciò capita non si può che compiacersi di lavorare nella macchina della giustizia, anche se con tutti i problemi noti e meno noti, dando il proprio modesto contributo sperando di poter essere di aiuto per un mondo migliore.

 

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