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Stalking quando e come contrastarlo

 

Leggendo le cronache quotidiane ci si accorge come il fenomeno dello stalking stia sempre più dilagando. In tv vi sono persino serie televisive che illustrano casi di storie vere accadute. Dietro l’apparenza di una famiglia felice si può nascondere un mostro di violenza e soprusi e una volta che il rapporto si interrompe la cosa può anche aggravarsi.

Da tempo il legislatore ha cercato di tutelare le donne dalle continue violenze che sono a dir poco intollerabili e l’istituto dello stalking nasce proprio sotto questo nobile intento.

 Ma cos’è lo stalking ?

Il termine stalking è di derivazione anglosassone ed appartiene al linguaggio tecnico della caccia; to stalk letteralmente significa “ fare la posta” alla preda. Tale termine è stato introdotto nel nostro ordinamento con il D.L. 23 febbraio 2009 n. 11 convertito poi nella legge n. 38, del 23 aprile 2009.

Il reato di stalking comprende tutte quelle molestie e quei comportamenti assillanti e ossessivi che inducono la vittima in uno stato di soggezione psicologica al fine di ricercare un contatto personale e intrusivo nella vita privata altrui.

Oggi sono previste anche misure cautelari volte a fronteggiare i casi di stalking quali, ad esempio, l’ordine di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla vittima (art. 282 ter c.p.p.), l’obbligo di comunicare tale ordine alla ps al fine di una eventuale adozione dei provvedimenti in materia di armi

Inoltre, la vittima, deve essere informata, dalle forze dell’ordine, sui centri antiviolenza presenti nel luogo di residenza della vittima stessa e, se richiesto, messa in contatto con detti centri.

 Come si può contrastare il fenomeno? Quali sono gli strumenti di tutela della vittima?

L’articolo 8 del decreto legge 23 febbraio 2009 numero 11, convertito in legge il 23 aprile 2009 numero 38, prevede la possibilità di ottenere un ammonimento da parte del questore al persecutore; l’articolo 9 prevede l’introduzione della misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa; l’articolo 10, in relazione agli ordini di protezione disposti dal giudice civile quali l’allontanamento dalla casa familiare, ne prevede l’aumento di durata. Inoltre, a sostegno delle vittime, è prevista la informazione alle stesse dei centri antiviolenza presenti nella zona di residenza della vittima e la istituzione di un numero verde presso il dipartimento per le pari opportunità-presidenza del Consiglio dei Ministri-attivo 24 ore su 24, per offrire assistenza psicologica e per comunicazioni urgenti .

Nel caso in cui la vittima non intenda proporre querela questa potrà richiedere al questore un provvedimento di ammonimento nei confronti del persecutore. Il questore, se ritiene fondata l’istanza, dopo aver assunto, se del caso, le necessarie informazioni e aver sentito le persone informate sui fatti, ammonisce oralmente il soggetto invitandolo ad astenersi dal continuare a tenere comportamenti persecutori . Se l’ammonito persevera nel suo comportamento non è più necessaria la querela della persona offesa giacché in tal caso il reato diviene procedibile di ufficio e la pena è aumentata.

In questo caso il persecutore potrà essere arrestato in flagranza.

L’articolo 282 del codice di procedura penale dispone in via cautelare il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa nei casi in cui siano necessari particolari esigenze di tutela; il giudice può prescrivere all’imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati che siano abitualmente frequentati da prossimi congiunti della persona offesa o da persona con essa convivente o comunque legati ad essa da relazione affettiva ovvero di mantenere una determinata distanza da tali luoghi o da tali persone.

Il giudice può altresì vietare all’imputato di comunicare con la persona offesa e con le persone a questa vicine con qualsiasi mezzo.

Qualora la frequentazione dei luoghi di cui sopra si renda necessaria per motivi di lavoro o per esigenze abitative, il giudice prescriverà le relative modalità potendo imporre limitazioni. e munizioni, alla persona offesa e ai servizi sociali.

Tali provvedimenti sono comunicati all’autorità di pubblica sicurezza,alla persona offesa e ai servizi sociali territorialmente competenti.

La violazione della misura cautelare comporta la possibilità per il giudice di disporre la sostituzione di detta misura con altra più grave ai sensi dell’articolo 276 comma 1 codice di procedura penale.

 Cosa si intende per comportamenti persecutori?

Con tale termine si debbono intendere “un insieme di condotte vessatorie, sotto forma di minaccia, molestia, atti lesivi continuati che inducono nella persona che le subisce un disagio psichico e fisico e un ragionevole senso di timore”.

Ritornando a quanto detto poc’anzi non sono, pertanto, le singole condotte ad essere considerate persecutorie ma piuttosto è la modalità ripetuta nel tempo, contro la volontà della vittima: è necessario il ripetersi della condotta !

Gli atti debbono essere poi, oltre che reiterati, intenzionalmente volti alla molestia e debbono provocare nella vittima un disagio psicologico ed un timore per la propria incolumità e quella delle persone care, con pregiudizio alle abitudini di vita.

Ovviamente per la reiterazione non si può stabilire un tempo (una settimana, un mese o un anno) ed infatti la norma nulla dice al riguardo dovendo ogni singolo caso essere valutato singolarmente.

Ciò che interessa è che lo stato di ansia e di paura nonché l’alterazione delle proprie abitudini di vita sia stato perdurante nel periodo interessato.

 Suggerimenti per la vittima

Prendere consapevolezza del problema è già un primo passo per risolverlo !

A volte si tende a sottovalutare il rischio e a non prendere le dovute precauzioni come per esempio, informarsi sull’argomento, adottare atteggiamenti tesi a scoraggiare, fin dall’inizio,  comportamenti di molestia assillante.

In alcune circostanze, di fronte alla relazione indesiderata, è necessario dire no in modo chiaro e fermo, evitando improvvisate interpretazioni psicologiche o tentativi di comprensione che potrebbero rinforzare i comportamenti persecutori della gente.

La maggior parte delle ricerche ha rilevato che la strategia migliore è l’indifferenza.

Infatti, sebbene per la vittima risulti difficile gestire la situazione senza reagire, è indubbio lo stalker rinforza i suoi atti sia da comportamenti di paura della vittima sia da quelli reattivi ai sentimenti di rabbia; cercate di essere prudenti quando uscite di casa, evitate di seguire sempre gli stessi itinerari e di fermarvi in luoghi isolati appartati.

In caso di molestie telefoniche, munitevi di una seconda linea e utilizzate progressivamente solo quest’ultima. Registrate le chiamate, anche quelle mute. Ricordate che per far questo è necessario, al momento della telefonata, rispondere e mantenere la linea per qualche secondo senza parlare, in modo da consentire l’attivazione del sistema di registrazione dei tabulati telefonici.

Tenete un diario per poter ricordare, all’occorrenza, gli eventi più importanti che potrebbero risultare utili in caso di denuncia.

Raccogliete più dati possibili sui fastidi subiti, conservate eventuali lettere o i messaggi a contenuto offensivo intimidatorio; tenete sempre a portata di mano un cellulare per chiamare in caso di emergenza; se vi sentite seguiti ed in pericolo, chiedete aiuto.

Le forze dell’ordine, i presìdi sanitari e le istituzioni pubbliche che ricevono dalla vittima notizia del reato di atti persecutori hanno l’obbligo di fornire alla stessa informazioni relative ai centri antiviolenza presenti sul territorio di residenza di quest’ultima.

Qualora la vittima ne faccia espressamente richiesta, è compito dei soggetti citati provvedere a metterla in contatto con detti centri .

Inoltre, come già sopra sottolineato, è presente un numero verde attivo al numero 1522 ventiquattr’ore su 24 collegato con le centrali operative delle forze di polizia in maniera diretta telematica e telefonica.

 Approfondimenti sul tema

 Tipi di stalker

Se volessimo classificare i tipi di stalker li potremmo così di seguito indicare:

Il corteggiatore incompetente i cui comportamenti degenerano in quanto incapace di avere una vita di relazione normale divenendo prima opprimente e poi, non riuscendo nel proprio intento, villano e violento – Il risentito di solito ex partner della vittima mosso da spirito di vendetta che non accetta la fine della relazione in quanto , ai suoi occhi, ingiusta. In tali casi, spesso, il soggetto manifesta la volontà sia di ledere l’immagine della persona ( pubblicando , ad es. sul web foto compromettenti o diffondendo volantini con frasi oscene) sia la persona stessa ( attendendola fuori casa per scenate e comportamenti violenti) sia danneggiando i beni materiali di proprietà di questa ( ad es. rigandole l’atuo o forandole le gomme).

Il bisognoso d’affetto il quale agisce per attirare su di sé delle attenzioni. Spesso questo tipo di comportamento si manifesta nell’ambito dei rapporti professionali “stretti” come quello, ad esempio, tra paziente e psicoterapeuta.

Il respinto il quale non accetta la fine di una relazione e cerca di ristabilire la relazione avendo però anche un impulso vendicativo per il torto subito.

Il predatore il quale vuole avere rapporti sessuali con la vittima, pedinandola, inseguendola e spaventandola, eccitandosi dal disagio provocato e dalla paura provocata nella vittima.

 Così come si possono classificare i tipi di stalker anche i comportamenti tenuti da costoro possono essere in qualche modo classificati

Spesso lo stalker ricorre a comunicazioni intrusive della vita privata della vittima telefonando insistentemente ad ogni ora ( anche con telefonate mute), inviando sms, e-mail, lettere, biglietti lasciati ovunque, scattando foto di nascosto, minacciando ed aggredendo la vittima, pedinandola, comprando a suo nome i più svariati oggetti, facendole trovare carcasse di animali morti o minacciandola in vari modi.

Tali comportamenti pongono la vittima in uno stato di ansia e di paura facendola cadere, a volte, in depressione e facendole cambiare abitudini di vita proprio per cercare di sottrarsi a questi soprusi.

 La querela della vittima

Ai sensi dell’articolo 612 bis codice penale, il delitto è punibile a querela della persona offesa, proponibile entro il termine di sei mesi, in deroga a quell’ordinario di tre mesi previsto dall’articolo 124 codice penale.

La procedibilità di ufficio si ha solo nelle ipotesi in cui il reato sia commesso nei confronti di persona minore o disabile nonchè quando il fatto sia connesso unitamente ad altro delitto per il quale si debba procedere d’ufficio.

In merito, è da precisare, che tale scelta legislativa di sottoporre la procedibilità del reato di stalking a querela della persona offesa, vittima di soprusi, non può essere condivisa in quanto così facendo si sottopone la vittima al rischio di essere esposta a possibili pressioni o ritorsioni finalizzate alla remissione della querela. Il condizionare, quindi, la procedibilità di detto reato alla volontà della parte lesa, senza la quale, il persecutore rimarrebbe impunito fa sì che la vittima possa essere oggetto di eventuali ulteriori soprusi aventi lo scopo di far rimettere la querela presentata o, ancor prima, a non presentarla.

La pena prevista per tale tipo di reato è quella della reclusione da sei mesi a quattro anni.

È previsto l’aumento di pena fino a un terzo nel caso in cui l’agente sia il coniuge legalmente separato/ divorziato dalla persona offesa ovvero sia stato legato alla stessa da relazione affettiva. Da tale previsione viene escluso il coniuge separato solo di fatto, anche se non se ne comprende la ragione. La nozione di relazione affettiva, è invece ampia in quanto, a prescindere dal fatto che vi sia stata o meno convivenza, con tale termine si fa riferimento a una relazione di carattere sentimentale indipendentemente dalla coabitazione. Sono previste inoltre circostanze aggravanti di natura speciale: la pena è aumentata fino alla metà nel caso in cui il fatto sia commesso ai danni di un minore ,di una donna in stato di gravidanza ,di un soggetto disabile ovvero con armi o da persona travisata.

 Salvo che il fatto non costituisca più grave reato

Con tale clausola di riserva, inserita nel dettato normativo, il legislatore ha inteso salvaguardare l’ipotesi in cui il fatto commesso integri un reato di maggiore gravità rispetto a quello disciplinato dall’articolo 612 bis; in questo caso il più grave reato assorbe il reato di stalking ma solo nel caso in cui il reato più grave esaurisca il disvalore dell’evento tipico degli atti persecutori.  Qualora ciò non si verificasse, sarà configurabile il concorso di reati.

Nel caso di maltrattamenti in famiglia pare che, relazionandolo con il reato di stalking, si debba parlare di concorso di reati in quanto il reato di stalking si connota nella commissione di atti persecutori reiterati nel tempo e volti in generale ad infondere un fondato timore nella vittima di un male più grave, anche se poi non si arriva ad integrare il reato di maltrattamenti.

 La prova

Nel reato di stalking la prova principale sarà costituita dalla deposizione della persona offesa che può essere assunta come fonte di convincimento da parte del giudice senza verificare la sussistenza di riscontri esterni, come invece è doveroso nei casi ordinari, non essendo applicabile il canone di valutazione stabilito dall’articolo 192 codice di procedura penale.

Se si dovesse dare un consiglio a una vittima di tale tipo di reato si potrebbe suggerire di tenere un diario dettagliato di quanto accade.

Alcune condotte moleste sono più facili da provare, rispetto ad altre, quali ad esempio quelle telefoniche che possono essere documentate tramite registrazioni, tabulati telefonici, sms ecc.

Per quanto riguarda lo stato di ansia che il comportamento del persecutore ha provocato nella vittima sarà buona norma provarlo tramite certificazioni mediche che attestino tale patologia.

 Questo è accaduto…

A seguito della interruzione di una relazione sentimentale dovuta al carattere violento e irascibile del compagno, una donna inizia a essere da quest’ultimo, il quale non ha accettato la decisione della fine della relazione, pedinata e minacciata anche di morte, in più occasioni, anche dinanzi al di lei figlio di 10 anni e con minacce dirette anche ai familiari della persona offesa. Lo stalker pretendeva, altresì, di entrare e rimanere in casa della vittima, appostandosi sotto l’abitazione della donna, citofonando con insistenza e proferendo espressioni minacciose ingiuriose.

La donna presenta una prima denuncia che però in parte ritratta perché costretta dall’indagato; più volte chiede l’intervento delle forze dell’ordine senza però formalizzare alcuna denuncia.

Questa sia per paura di essere aggredita e picchiata dall’ex sia perché la vittima si illude di poterlo ricondurre alla ragione; la donna arriva persino a farsi  scortare da un conoscente nel tragitto casa-lavoro vivendo nel costante timore di essere nuovamente aggredita e temendo per l’incolumità del figlio.

Tale situazione si protrae per più di un anno fino a quando, a seguito dell’ennesima aggressione subita la vittima si rivolge al proprio avvocato il quale sporge denuncia  ottenendo la misura coercitiva della custodia cautelare in carcere dell’indagato.

Il gip di Milano ritiene sussistere una gravissima attività persecutoria aggressiva molesta e violenta ai danni della vittima, posta in essere dall’indagato, che ha generato evidenti effetti: perdurante grave stato di ansia e paura con dimagrimento e ricorso ad ansiolitici; timori per la incolumità propria e dei propri cari; modifica delle proprie abitudini di vita.

Il Tribunale del Riesame conferma l’ordinanza ritenendo le dichiarazioni della vittima attendibili in quanto precise univoche e concordanti  in ragione anche della documentazione medica prodotta, prova delle  esioni subite dalla vittima per alcuni degli episodi di violenza.

I giudici quindi, giustamente, hanno ritenuto che solo la misura della custodia in carcere potesse offrire garanzie rispetto al pericolo di reiterazione di analoghe condotte delittuose, in quanto, anche la misura degli arresti domiciliari, avrebbe potuto comunque comportare una reiterazione del reato da parte del persecutore

Stalking: quando le attenzioni diventano persecuzione

(tratto dal sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri)

L’attenzione che si trasforma in ossessione. Molestie quotidiane, silenziose, difficili da individuare e arrestare. E il sospetto diventa paura, erode la libertà fino a costringersi in una prigione soffocante. Questo è lo stalking: comportamenti reiterati di sorveglianza, controllo, contatto pressante e minaccia che invadono con insistenza la vita di una persona per toglierle la quiete e l’autonomia. Gli atti persecutori sono ora un reato ben definito, punito con condanne da sei mesi a quattro anni di reclusione.

Dall’entrata in vigore della legge sullo stalking è emerso un fenomeno dalle dimensioni allarmanti, portando alla luce centinaia di richieste di aiuto da parte delle vittime.

Se i numeri impressionano per la loro crudezza, è ancor più sconcertante la casistica che l’introduzione del reato ha reso finalmente visibile. Le vittime possono querelare subito lo stalker o chiederne prima l’ammonimento.

Una risposta concreta ai cittadini, dopo un lungo oblio normativo.

I comportamenti persecutori sono riconducibili a molestie reiterate, sia sessuali che psicologiche, tali da causare uno stato di prostrazione che induce la vittima a modificare il modo di vivere quotidiano.

Nello specifico, la legge aumenta le condanne da sei mesi a quattro anni e le pene sono aggravate se il fatto è commesso dal coniuge legalmente separato o divorziato o da persona legata alla vittima da relazione affettiva, se avviene a danno di un minore, di una donna incinta, di una persona disabile.

Il reo è punito con l’ergastolo se, nell’escalation di atti persecutori accertati, uccide la vittima.

Per una prima assistenza è attivo 24 ore su 24 il numero gratuito antiviolenza 1522 , che a breve sarà in grado di mettere in collegamento diretto le vittime con le questure, offrendo anche supporto psicologico e giuridico.

Inoltre, è operativo presso il Dipartimento per le Pari Opportunità il Nucleo Carabinieri – Sezione Atti Persecutori – composto da 13 carabinieri tra criminologi, psicologi, sociologi, biologi e informatici, al lavoro per monitorare il fenomeno e individuare i profili psicosociali di molestatori.

L’obiettivo finale è quello di realizzare un vademecum di riconoscimento per tutti gli operatori investigativi e di giustizia che si confrontano con la nuova tipologia di reato.

Un ultimo consiglio

 Spesso le cronache dei quotidiani riportano tragedie che forse si potevano evitare. In questi casi agire tempestivamente è di fondamentale importanza per permettere alle forze dell’ordine di bloccare alla nascita comportamenti che possono divenire sempre più pericolosi.

 

 

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